Ciclocross, anche i big stanno per riprendere: il difficile equilibrio della multidisciplinarietà

Dicembre segna il ritorno alle competizioni di ciclocross di Wout van Aert, Mathieu van der Poel e Tom Pidcock. Negli ultimi anni il belga e l’olandese hanno portato una vera e propria rivoluzione nel mondo del ciclismo moderno: già altri corridori prima di loro erano passati dal fango alla strada, ma loro sono stati i primi, a livello maschile, a portare avanti con profitto la doppia attività nel nuovo millennio. Il loro esempio è poi stato seguito anche dal britannico a partire dallo scorso anno (aggiungendo, come il neerlandese, la MTB al suo ventaglio di talenti). Bandiere della multidisciplinarietà, i tre atleti hanno comunque suscitato in molti qualche interrogativo sul loro rendimento futuro: per quanto i tre corridori potranno tenere questo ritmo che non concede nessun momento di stacco nell’arco di una stagione?

Recentemente Lars Boom ha evidenziato come quando correva lui gli fosse stata negata la possibilità di portare avanti la doppia attività, costringendolo ad operare una scelta. L’ex professionista ha poi sottolineato come, invece, i campioni recenti stiano dimostrando i risvolti positivi della multidisciplinarietà. Non tutti, però, sono d’accordo con il neerlandese. Già l’anno scorso, per esempio, Axel Merckx aveva invitato gli stradisti a non esagerare con il ciclocross e osservare qualche periodo di riposo per evitare di sovraccaricare il loro fisico. Ma recentemente anche gli stessi atleti e l’entourage intorno a loro hanno iniziato a riflettere sulla necessità di pause più lunghe.

Alle sollecitazioni e riflessioni che, infatti, stanno arrivando da più parti, ogni atleta ha risposto a sua modo visto che ognuno di loro sta vivendo una situazione leggermente diversa dalle altre. Van Aert, per esempio, corre per una squadra WorldTour, la Jumbo – Visma. Questo chiaramente comporta certi obblighi durante la stagione su strada del vincitore della Milano – Sanremo 2020, come per esempio dover aiutare i proprio compagni a fare classifica in corse importanti come il Tour de France (nonostante in certe giornate gli venga concessa anche la libertà di cercare dei successi personali). Quest’anno il fiammingo si è presentato molto stanco al finale di stagione, come dimostrano le contro prestazioni nella prova in linea dei Mondiali nelle Fiandre 2021 e alla Parigi – Roubaix 2021, e questo sicuramente lo ha portato ad alcune riflessioni.

In particolare, il classe 1994 sembra essere arrivato alla conclusione che qualche pausa un po’ più lunga nel passaggio tra strada e ciclocross non sia assolutamente un male, ma anzi forse necessaria. Inoltre, il belga ha anche annunciato un calendario invernale pensato soprattutto in previsione della strada, ipotizzando fin da subito la possibilità di non essere ai via dei mondiali di ciclocross, che si svolgerebbero negli USA: ha paura che la grande trasferta possa stancarlo eccessivamente a poco più di un mese dalle Strade Bianche, primo vero obiettivo della stagione. È chiaro, quindi, come le attenzioni del vice campione olimpico si stiano spostando sempre più sulla strada.

Con un ragionamento molto simile è stato realizzato anche il calendario invernale di Marianne Vos, altra atleta in forze alla Jumbo-Visma che ha saputo fare della multidisciplinarietà il suo marchio di fabbrica nel corso della sua intera carriera, aprendo la strada ad altre compagne e rivali (come dimenticare lo straordinario tris mondiale di Pauline Ferrand-Prévot campionessa contemporaneamente in tre discipline diverse come strada, CX e MTB?). Come è stato spiegato dai preparatori e allenatori del team, infatti, il programma di entrambi gli atleti è stato pensato proprio in preparazione della stagione primaverile su strada. L’atleta olandese non è comunque l’unica donna a destreggiarsi con successo in questa doppia attività: giusto per fare un altro nome di primo piano (ma ce ne sono molte altre) può essere citata la campionessa europea e mondiale in carica Lucinda Brand. Bisogna tuttavia anche sottolineare che un calendario femminile meno intenso rispetto a quello maschile (anche se decisamente in crescita nelle ultime stagioni) fa sì che la situazione per queste atlete non sia ancora così esasperata come per i colleghi uomini.

Discorso diverso per van der Poel che, per quanto anche lui punti forte sulla prima parte di stagione su strada, non sembra mettere per il momento in dubbio la sua partecipazione ai mondiali di ciclocross, forse anche per necessità della squadra. D’altronde, il vincitore del Giro delle Fiandre 2020 correrà anche il prossimo anno per la Alpecin – Fenix, una squadra Professional, che quindi ha molti meno obblighi rispetto ad una WorldTour (ma a cui comunque il particolare regolamento lascia la possibilità di partecipare a tutte le gare di prima categoria). Il figlio d’arte è il fiore all’occhiello della sua formazione pertanto, da un lato può permettersi di scegliere con relativa libertà il suo calendario, dall’altro tuttavia ha ancora il peso del marchio e dell’immagine da sostenere a 360°.

Anche lui, però, si è trovato costretto a fare i conti con i problemi che possono derivare da un’attività nel suo caso addirittura triplice (il vincitore dell’ultima edizione delle Strade Bianche, infatti, gareggia spesso anche in Mountain Bike): il suo fisioterapista ha fatto intendere nelle scorse settimane che molto probabilmente i dolori alla schiena, emersi dopo la caduta nella prova olimpica di cross country, covassero già da lungo tempo all’interno dei muscoli dell’atleta a causa del continuo passaggio da un tipo di bici ad un altro. Una situazione su cui, però, non avevano mai potuto lavorare a causa della scarsità di momenti di riposo durante la stagione. Forse anche in questa chiave va letto, quindi, l’esordio sul fango leggermente posticipato rispetto agli altri due rivali: anche per il neerlandese è probabilmente arrivato il momento di concedersi un po’ più di tempo per ricaricare le pile e presentarsi al meglio agli appuntamenti più importanti.

Tom Pidcock sembra essere dei tre quello con le intenzioni più serie per quanto riguarda il fuoristrada. L’inglese, infatti, è anche il corridore più giovane e dopo aver fatto spesso da terzo incomodo nel corso della passata stagione invernale, sembra essere pronto quest’anno a giocare un ruolo di primo piano sul fango. D’altronde bisogna sottolineare che la Ineos Granaderis sembra per il momento ancora disposta a concedergli grandi libertà: basti considerare che il vincitore del Giro d’Italia under 23 del 2020 ha corso la Vuelta a España, primo grande giro della sua giovane carriera, senza grandi pressioni e richieste da parte della squadra dopo aver vinto il titolo olimpico nella Mountain Bike. Durante la passata primavera, però, il classe 1999 ha fatto vedere cose molto interessanti anche su strada ottenendo ottimi risultati nelle classiche di primavera fino al successo alla Freccia del Brabante 2021: è facile immaginare, quindi, che presto anche per lui arriverà il momento di decidere di concentrarsi maggiormente sulla strada, iniziando a rallentare nelle altre attività.

È comunque chiaro che in futuro vedremo i tre versatili corridori ancora protagonisti nel fango del ciclocross, anche se c’è da capire con quale intensità. Intanto, però, il fuori strada si sta attrezzando per trovare nuovi eroi, che anno dopo anno stano facendo sempre più breccia nei cuori degli appassionati, come nel caso del giovane Eli Iserbyt (e chissà che come loro non sarà poi anche lui quantomeno testato anche su strada). Nel frattempo recentemente si sono levate alcune voci contro i tre fenomeni del ciclismo mondiale: il pluricampione del mondo Roland Liboton, per esempio, si è dichiarato contrario alla loro presenza ai mondiali (e non solo) di ciclocross, ritenendola una mancanza di rispetto verso chi ha corso per tutto l’inverno accendendo sfide esaltanti, per poi essere costretti a vedere la maglia iridata finire sulle spalle di corridori più freschi di loro. Alle parole dell’ex iridato si è accodato anche la leggenda Sven Nys, ora direttore sportivo della Baloise – Trek Lions, che ha criticato il fatto che van Aert e van der Poel vengano pagati per partecipare alla Coppa del Mondo, cosa che non succede nel caso, invece, dei suoi atleti.

La discussione intorno ad un ciclismo pluridisciplinare sembra essere destinata a continuare a lungo, con tante posizioni diverse da ascoltare e tenere in considerazione. Probabilmente una risposta la potremmo avere solo al termine della carriera di questi tre corridori, o forse, invece, per allora il panorama mondiale di questo sport sarà nuovamente cambiato e riflessioni del genere non serviranno più a nulla. Per il momento rimane il merito di Van Aert e Van der Poel di aver infiammato il cuore di milioni e milioni di appassionati con le loro sfide belle, spregiudicate ed emozionanti, disputate su ogni terreno possibile, dal fango del ciclocross ai muri fiamminghi, passando per gli sterrati senesi e le strade del Tour de France. E la speranza di tutti è continuino a farci emozionare ancora a lungo, assieme ai loro giovani rivali.

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